La mistica in San Massimiliano Kolbe

La figura di San Massimiliano Kolbe affascina credenti e non credenti.

In tanti sono colpiti dal suo transito in quel di Auschwitz, dove offre la sua vita al posto di un condannato a morte, padre di famiglia.

Dimostra di essere l’uomo, il consacrato che sperimenta, in ogni tempo del suo percorso terreno, la dimensione della sofferenza.

Sondare la dimensione del dolore nel martire polacco permette a ognuno di noi di condividere questa sofferenza, inaccessibile se affrontata da soli.

Vive la croce con fiducioso abbandono alla divina volontà offrendo il suo dolore fisico e spirituale per la salvezza delle anime.

Edith Stein esprime la sofferenza per mezzo della crocifissione: “Chi vuole fare parte della vita di Cristo deve passare attraverso la Crocifissione; deve essere crocifisso come lui, deve entrare a se stesso; abbandonarsi alle sofferenze e alla morte con Dio.

Come Padre Kolbe, la Edith Stein ci dice che ci vuole qualcuno che si faccia carico delle sofferenze, le sofferenze di chi odia e di chi è odiato.

Tutta la vita di San Massimiliano e’ segnata dal mistero della croce: la tensione al martirio è una costante della sua esistenza.

Egli affronta la fatica dell’umiliazione, del dolore fisico e morale.
Giunge, così, di croce in croce, alla maturità del martirio ad Auschwitz, rappresentato da una morte eroica.

In questo luogo terribile padre Massimiliano e’ chiamato a svolgere lavori forzati che ne affievoliscono inevitabilmente la forza fisica e ne compromettono irrimediabilmente la salute. Condotto nell’ospedale del campo perché affetto da polmonite.

Massimiliano vive ed accoglie la sofferenza come motivo per dimostrare a Dio il suo amore.
Dovete essere preparati a momenti di oscurità, di angoscia, di incertezza, di paura, di tentazioni talvolta molto molto insistenti, di sofferenze sia del corpo che dell’anima che sono cento volte più dure.
Infatti, se non ci fosse nulla da sopportare, per che cosa andreste in Paradiso?
Senza lotta sarebbe impossibile la vittoria e senza la vittoria non ci può essere la corona, non ci può essere la ricompensa.

Perciò d’ora in poi tenetevi preparati a tutto.

Tuttavia, non dobbiamo aver paura di nulla, perché possiamo e dobbiamo vincere.

Ma come?

Ecco: non confidando minimamente in noi stessi e offrendo tutto noi stessi, tutte le tentazioni e le difficoltà nostre all’Immacolata, sicuramente saremo sempre vittoriosi.
L’Immacolata non può abbandonare i suoi figli. Si è pronti a tutto per l’Immacolata, anche a deporre davanti a lei la propria vita in sacrificio, perché in Europa sta scorrendo ancora il sangue ed è difficile sapere cosa potrà capitare.

A dire il vero, nell’atto di consacrazione all’Immacolata noi ripetiamo che ella faccia di noi qualunque cosa ” Le piace “, il che non significa affatto non avere timori ma fare affidamento esclusivamente su di Lei e chiedere con la preghiera le energie necessarie; tuttavia dato che” la carne e’ debole”, non sempre ce la fa a camminare di pari passo con lo spirito, perciò talvolta potrebbe succedere che qualcuno si penta di essersi sottratto alle sofferenze. Questa dunque, è la condizione indispensabile.

Un solo atto di amore perfetto fa rinascere l’anima; l’essenza di tale atto e’ l’amore pronto al sacrificio.
Facciamo il sacrificio di noi stessi, offrendo all’Immacolata le nostre umiliazioni, le sofferenze, gli insuccessi.

Falsa e’ pure l’idea, abbastanza diffusa che i santi non siano stati simili a noi.
Anch’essi erano soggetti alle tentazioni, anch’essi cadevano e si rialzavano, anch’essi si sentivano oppressi dalla tristezza, indeboliti e paralizzati dallo scoraggiamento.

Tuttavia, rincuorati dalle parole del Salvatore:
“Senza di me non potete far nulla”, e quelle di San Paolo: “Tutto posso in colui che mi dà forza”, non confidavano in se stessi, ma, ponendo tutta la loro fiducia in Dio, dopo ogni caduta si umiliavano, si pentivano sinceramente, purificavano l’anima nel sacramento della penitenza e poi si mettevano all’opera con un fervore ancora maggiore.

La santità per il frate polacco consiste nell’amare Dio fino all’eroismo.
Solo Gesù, venendo al mondo ha indicato all’umanità, con l’esempio e con la parola, la strada verso la vera santità.

Il segno distintivo e’ il compimento della Volontà di Divina, certamente soprattutto nei comandamenti di Dio e della Chiesa e nei doveri del proprio stato.
Il mezzo è la continua vigilanza su se stessi, al fine di conoscere i propri difetti e sradicarli, innestare le virtù, coltivarle, svilupparle fini ai gradi più elevati; poi la preghiera, con la quale l’anima si procura le grazie divine soprannaturali indispensabili al progresso spirituale.
In tutti i santi la preghiera occupa un posto di primo piano.
La sofferenza, la mortificazione e l’umiliazione ci purificano e ci avvicinano a Dio, rendendoci splendidi e credibili apostoli.